Denunciato. E’ la pena stabilita per l’uomo che ha barbaramente impiccato un cane a Roma, “reo” di aver morso la mano il giorno prima alla padrona. Le associazioni ambientaliste sono sul piede di guerra e chiedono la prigione per chi uccide un animale. Ma il codice penale parla chiaro e prevede al massimo una pena di due anni, quindi senza misure cautelari. Tradotto: niente carcere.
CAMBIARE LA LEGGE – Il nodo fondamentale è la legge e le richieste di modifiche del codice penale. Michela Vittoria Brambilla, deputato di Forza Italia, presidente e fondatrice della Leidaa, Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente, ha presentato la proposta di legge AC 335 che riguarda “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni per l’integrazione e l’armonizzazione della disciplina in materia di reati contro gli animali”. Nella proposta di legge si chiede in primis di modificare la frase del codice penale «Dei delitti contro il sentimento [sottinteso: dell’uomo] per gli animali» con «Dei delitti contro gli animali».
LA COPERTURA LEGISLATIVA – Gli animali quindi devono essere considerati esseri viventi suscettibili di tutela diretta e non più indiretta solo perché oggetto del sentimento di pietà nutrito dagli esseri umani verso di loro. «Gli animali ancora non hanno una copertura legislativa diretta non essendo loro riconosciuta soggettività giuridica» commenta Massimo Comparotto, presidente dell’Oipa Italia che chiede un inasprimento delle pene anche perché «studi scientifici attestano la correlazione tra la crudeltà sugli animali e la più generale pericolosità sociale di chi la commette». La pensa allo stesso modo Valentina Coppola, presidente di Earth, associazione molto attiva a Roma: «È oramai acclarata la pericolosità sociale di chi uccide brutalmente animali, spesso sono violenti anche con donne e bambini e quindi lasciarli impuniti mette a repentaglio anche le persone oltre che gli animali».
SEI ANNI DI CARCERE – Il centro della proposta di legge è l’articolo 6 che modifica gli articoli 544-bis e 544-ter.
«Sono aumentate fino a cinque anni di reclusione le pene per il maltrattamento e fino a sei anni le pene per l’uccisione di animali» si legge nel testo. Quale è il nodo fondamentale? Per questi reati verrebbe esclusa l’applicazione dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, prevista dall’articolo 168- bis del codice penale. Brambilla si chiede: «Nonostante la frequenza con cui queste violenze appaiono nelle cronache e nonostante l’evidente pericolosità di chi le commette, governo e Parlamento restano sostanzialmente inerti di fronte alle proposte di aumentare le pene per chi maltratta e uccide gli animali». Leidaa presenterà denuncia e si costituirà parte civile così come faranno Oipa ed Earth. «Da sempre chiediamo l’inasprimento delle pene – aggiunge Claudio Locuratolo coordinatore di Roma delle Guardie zoofile OIPA – è un episodio cruento e preoccupante anche dal punto di vista sociale».
L’ASSENZA DI SERVIZI – Secondo Giovanni Recine, veterinario e presidente delle guardie zoofile ambientali N.O.R.S.A.A. operanti a Roma e provincia «in questa vicenda emerge l’assenza dei servizi sociali, l’assenza delle Asl veterinarie che nel momento del bisogno, non danno o non possono dare l’aiuto necessario. Il covid ha esacerbato le cose, portando noi del Norsaa guardie Zoofile a supportare le persone con cibo per animali e talvolta con soldi per sostenere la famiglia».
Fonte: ilmessaggero.it – roma